In termini medici, viene definito “invecchiamento fisiologico” il progressivo declino di alcune funzioni cognitive, sensoriali e motorie. Infatti, dai 30 anni circa, inizia nel nostro cervello un processo fisiologico di apoptosi (morte cellulare programmata), che porta alla graduale perdita del 10% del peso cerebrale e del 20% del rifornimento di sangue che arriva all’encefalo. Tale perdita cellulare può portare, in modo differente da persona a persona, a un normale declino di alcune funzioni cognitive, come ad esempio la memoria, la velocità di elaborazione, o alcune capacità intellettive.
Osservando i tuoi nonni, o genitori, ti sarà capitato di osservare un rallentamento nello svolgimento di alcuni compiti complessi, o nei tempi di reazione. Oppure di notare delle difficoltà nelle capacità di attenzione selettiva, soprattutto quando è richiesto un elevato numero di risorse attentive, ad esempio al supermercato: mia nonna, quando deve andare a fare la spesa, cerca di compensare questa difficoltà stilando lunghe liste di alimenti da comprare o cose che le servono. Può essere molto utile, perché in tal modo si riduce la confusione dovuta all’elevato numero di stimoli.
Una delle difficoltà cognitive più comuni negli anziani è quella che riguarda la memoria episodica, soprattutto riferita a eventi recenti: ti sarà sicuramente capitato di ascoltare lunghi e dettagliati racconti riguardanti l’infanzia dei tuoi nonni, liste di parenti di cui nemmeno eri a conoscenza, dettagli di eventi importanti del passato. Forse avrai notato, invece, una diminuzione nei dettagli, o addirittura delle dimenticanze, riferite a episodi più recenti (es. telefonate, appuntamenti, ecc). Tali difficoltà sono causate da un assottigliamento dell’ippocampo, ovvero l’area cerebrale che controlla le capacità di memoria, dovuto all’invecchiamento fisiologico.
Infine, potresti aver osservato un graduale declino delle capacità di flessibilità cognitiva, di pianificazione e problem solving, definite “funzioni esecutive”.
Una cosa importante da ricordare quando si parla di invecchiamento è che tutte le difficoltà di cui abbiamo parlato finora sono fisiologiche, ovvero possono far parte della fase di vita dell’età senile. Altra cosa sono, invece, le demenze, di cui parleremo più avanti.
Abbiamo parlato di invecchiamento dal punto di vista medico e neuropsicologico, ma cosa significa e cosa comporta l’invecchiamento dal punto di vista psicologico? Dal punto di vista della psicologia sociale, l’età senile coincide con il ritiro dalla vita lavorativa e il pensionamento, che possono suscitare un senso di vuoto nella persona anziana e richiedono una riorganizzazione del proprio tempo. Una delle difficoltà principali di una persona che va in pensione è capire come trascorrere le giornate, uscire dalla zona di comfort, cercare e scoprire nuovi hobby e nuove passioni. Non è facile e non è da sottovalutare.
Un’altra caratteristica di questa fase della vita è la riduzione della rete sociale, che provoca solitudine. Prova a pensare a quanti anziani rimangono soli, ad esempio a causa di lutti di partner o amici, o perché non hanno una famiglia.
Secondo la Teoria dello sviluppo psicosociale di Erikson, ogni fase dello sviluppo è caratterizzata da un compito specifico, che nasce dall’interazione tra individuo e ambiente, e che è definito attraverso una coppia di termini opposti, una conquista e un fallimento. Ogni stadio rappresenta quindi un compito, che l’individuo deve superare per andare avanti nel suo ciclo di vita e sviluppare capacità adattive adeguate. Secondo tale teoria, l’età avanzata è caratterizzata dall’antitesi tra “integrità dell’io” e “disperazione”: in questa fase, l’anziano effettua una riflessione profonda sul passato e un bilancio della propria vita e delle proprie scelte. L’accettazione delle proprie decisioni dà luogo all’integrità dell’io, mentre una visione negativa della propria vita può generare sentimenti di disperazione e impotenza.
Prova ora a pensare agli anziani che rimangono soli, hanno difficoltà nello svolgimento delle attività della vita quotidiana, o addirittura non sono più autosufficienti, non hanno una famiglia alle spalle, o i cui figli non possono prendersi cura di loro. Alcuni optano per le strutture di accoglienza, ovvero le RSA (Residenze Sanitarie Assistenziali), le RSSA (Residenze Sociosanitarie Assistenziali), oppure le case di riposo.
Ora prova a pensare a questo periodo storico, alla pandemia mondiale che ci sta mettendo in ginocchio, e agli anziani, che sono le persone più a rischio per il contagio. Alcuni scelgono di mantenere i contatti con alcune persone care, altri invece hanno paura e si isolano in casa. E chi vive ad esempio nelle RSA? Già durante la prima ondata, a marzo, le residenze assistenziali avevano chiuso le porte alle persone esterne, per cercare di tutelare la salute degli utenti. Con questa seconda ondata, gli anziani si sono ritrovati nuovamente da soli e lontani dalla propria famiglia, e il Natale si avvicina.
Sarà un Natale diverso per tutti, più silenzioso, senza grandi banchetti e feste. Sarà un Natale fatto di piccole cose, piccole gioie. Nonchè tanto amore, anche a distanza.
Ma come possiamo raggiungere gli anziani che vivono il Natale nelle RSA? A questo proposito, vi presento il progetto “I nipoti di Babbo Natale”.
Ho scoperto questo progetto lo scorso anno, per caso, grazie ad alcuni post sui social. È un progetto meraviglioso, dell’Associazione Un Sorriso In Più. Da 15 anni, l’Associazione cerca di portare un sorriso agli anziani soli nelle residenze assistenziali, negli ospedali, o a domicilio. Il progetto “I nipoti di Babbo Natale” fu proposto nel 2017 da una ragazza originaria della Repubblica Ceca. Nella sua semplicità, è un’idea potente, perché dà la possibilità agli anziani soli di poter esprimere un desiderio. Può sembrarti banale, ma non è una cosa scontata.
Infatti, un anziano, soprattutto se ospite in un RSA, vive una fase della propria vita in cui spesso sono altri a prendere le decisioni al suo posto. Spesso perde la capacità di capire ciò di cui ha più bisogno, o di prendere decisioni per sé stesso. Dargli la possibilità di esprimere un desiderio, gli permette di riscoprire la dimensione dell’ascolto di sé e di legittimare i suoi desideri più profondi. Infine, la realizzazione del proprio desiderio gli regalerà un momento di immensa gioia e lo farà sentire importante e, forse, meno solo.
È un progetto che ha un fortissimo impatto psicologico ed emotivo sulla persona che riceve il dono. È una possibilità di creare nuove relazioni, anche a distanza. Ed è sicuramente un’occasione di arricchimento, per la persona che riceve il dono, per chi sceglie di essere “nipote”, ma anche per gli operatori delle residenze sanitarie.
Partecipare è semplice! Andando sul sito del progetto, troverai la pagina “Desideri”. Scegli la persona a cui vuoi fare un regalo, poi compila il modulo; successivamente verrai contattato dalla struttura per i dettagli della consegna. Ovviamente, quest’anno non sarà possibile recarsi fisicamente nelle residenze, tuttavia ci saranno modalità alternative per far sentire la vicinanza e l’affetto agli anziani che vi abitano.
Quest’anno più che mai penso che sia importante regalare e regalarci momenti di gioia. Credo fortemente nel potere della gentilezza e dell’amore gratuito.
A Natale nessuno dovrebbe essere da solo, o sentirsi solo. Anche nelle vostre famiglie, cercate di essere attenti alle persone anziane, ai nonni, ai vostri genitori. Cercate di evitare che qualcuno rimanga solo. Anche se non ci saranno grandi feste, solo il fatto di essere insieme sarà un enorme regalo.
Spero che questo articolo ti sia stato utile, se conosci altre iniziative come quella de “I nipoti di Babbo Natale” scrivile nei commenti, potrebbero essere utili a chi leggerà dopo di te.