Ho scoperto il progetto Le Cose Che Non Sai su Instagram, per caso, e ne sono davvero grata. È un progetto meraviglioso e prezioso che parla di vita vissuta, di legami familiari, di ricordi e… di Alzheimer. Ma non ve lo presenterò io: in questo articolo saranno mie ospiti Ilaria e Alessia Messuti, che lo hanno pensato e creato, per rispondere a qualche domanda in proposito.
Ciao Ilaria, ciao Alessia! Innanzitutto, voglio ringraziarvi di cuore per aver dato la disponibilità per rispondere alle mie domande.
Potete raccontarci chi siete e come è nato il vostro progetto?
Ciao Maddalena, grazie a te per averci dato l’opportunità di raccontare la nostra storia.
Siamo due sorelle, due figlie che nel 2014 hanno dovuto confrontarsi con una malattia, l’Alzheimer, di cui fino a quel momento avevamo sentito solo parole lontane. Nostro padre si è ammalato molto giovane ed altrettanto giovane se n’è andato. Pochi mesi dopo la sua scomparsa, a luglio 2019, ci siamo confrontate e abbiamo deciso che avremmo voluto fare qualcosa in suo onore, in suo ricordo. Ci abbiamo messo molti mesi per dare la giusta forma al progetto, ma ora che è ufficiale ne siamo molto fiere.
Le Cose Che Non Sai: cosa significa questo titolo?
Il senso del titolo del progetto risiede nell’ambiguità che questa breve frase può avere. Sicuramente indica le conoscenze che vengono perse quando questa malattia ti colpisce, ma per lo più riguarda le cose che non potevamo sapere noi, come famiglia, su quanto accade nella vita di chi si trova ad affrontare una cosa simile.
Di Alzheimer non si parla, eppure è una condizione piuttosto frequente. E quando sfortunatamente ti ritrovi nella condizione di averci a che fare da vicino sorgono mille domande e dubbi, si sente la necessità di avere dei punti di riferimento, si sente il bisogno di avere assistenza.
Quali sono gli obiettivi del progetto?
Il progetto ha una doppia veste, divulgativa e di raccolta fondi. Abbiamo creato un sito internet e due pagine social (su Instagram e su Facebook) dove raccontiamo la nostra esperienza e invitiamo dei professionisti a dare delle informazioni utili sulla malattia, in modo che possa essere d’aiuto a qualcuno che si trovi nella situazione in cui eravamo. Abbiamo molte interazioni e dobbiamo ammettere che non ci aspettavamo tanto coinvolgimento.
Il secondo obiettivo è raccogliere fondi destinati alla Associazione Alzheimer Piemonte, tramite la vendita di oggetti che per noi hanno un significato molto particolare.
Quali erano le cose che non sapevate riguardo la Malattia di Alzheimer (e delle quali si parla poco), che avete scoperto durante la convivenza con la malattia di vostro padre?
Quando viene posta la diagnosi di Alzheimer vengono illustrate le statistiche, le probabilità. In media la durata della malattia è di una decina d’anni: procede con un declino graduale nei primi cinque e poi tende a peggiorare sempre più velocemente. Nonostante questa consapevolezza non è stato facile essere preparati a quello che è successo.
Non sapevamo che l’Alzheimer potesse colpire anche soggetti giovani, e non solo gli anziani. Non sapevamo quanta burocrazia, organizzazione, impegno, risorse richiedesse assistere chi si ammala. Non sapevamo che a sessantun’anni nostro padre avrebbe gradualmente smesso di guidare, leggere, cucinare, riconoscere le strade della sua città, ricordare parole di uso comune e nomi di persone, dare un senso logico agli accadimenti, far di conto, camminare, deglutire. Non sapevamo tutto ciò che è oltre la teoria, tutto ciò che praticamente serve per affrontare la quotidianità.
Sulle vostre pagine definite l’Alzheimer come una “malattia familiare”. Potete spiegare in che senso?
Ci siamo rese conto in questi anni che l’Alzheimer non è solo una malattia del singolo. Al contrario, è una malattia dell’intero nucleo familiare. Quando una persona si ammala la maggior parte dell’impegno di cura e di assistenza ricade sulla famiglia e le risorse disponibili per il sostegno concreto sono scarse. Il motivo per cui questo progetto e la sua raccolta fondi sono nati è soprattutto questo, per raccogliere fondi in favore delle famiglie che devono assistere un malato di Alzheimer.
Quali sono stati i più grandi cambiamenti nella relazione con vostro padre? Come li avete affrontati?
Gradualmente è cambiato tutto, siamo passate da essere figlie (e moglie, includendo ovviamente nostra madre che si è fatta carico di tenere insieme i pezzi insieme e più di noi) a essere caregiver. Nostro padre durante la malattia ha sviluppato bisogni progressivamente diversi, e noi ci siamo plasmate intorno a questi cambiamenti. Abbiamo affrontato quel che capitava come potevamo, senza aspettative, con tanta inventiva e certamente inciampando qua e là nei fallimenti e nelle nostre debolezze.
Nel vostro percorso di convivenza con la Malattia di Alzheimer vi siete avvicinati all’arte. Cosa ha significato per voi?
Nostro padre nel pieno della sua malattia ha iniziato a dipingere durante le ore che passava nel Laboratorio di Pittura. Tutto iniziò perchè servivano delle attività per tenere occupata la quotidianità e tra i vari tentativi fatti trovammo nell’arteterapia un’ottima alleata. E seppur non avesse mai aveva preso un pennello in mano nella sua vita si scoprì essere anche molto bravo.
Nel frattempo, del tutto separatamente, noi due figlie abbiamo trovato sfogo alle nostre emozioni inespresse con il disegno, come un modo silenzioso e personale per parlare del nostro dolore. Abbiamo disegnato in maniera dilettantistica, facciamo tutt’altro nella vita, ma lo abbiamo fatto con il cuore, per esprimere cosa stessimo provando.
E quali sono stati gli effetti positivi dell’arte-terapia nella relazione con vostro padre?
L’arte terapia aveva su nostro padre un effetto calmante, lo teneva impegnato anche a casa, abbiamo una mole di tele e colori e pennelli. Lo aiutava a scandire il tempo e ad avere un obiettivo. E in più ha aiutato noi ad entrare in relazione con lui, dipingendo insieme, provando colori nuovi e forme diverse.
Avete creato tre serie di disegni: Landscapes, Emotional Alphabets, Between The Lines. Quale significato è nascosto dietro ciascuna?
Abbiamo selezionato 5 disegni ciascuno e li abbiamo raggruppati in tre collezioni che rispecchiano le tre persone che li hanno prodotti.
“Landscapes” è la collezione dei dipinti in acrilico di nostro padre, amava dipingere paesaggi, dai prati in fiore al mare calmo. Ci piace pensare che fossero rievocazioni di suoi ricordi, panorami rassicuranti in cui sentirsi al sicuro.
“Emotional Alphabets” è la collezione dei dipinti ad acquerello di Alessia, rappresenta le emozioni a cui non si riesce a dare un nome. Solidarietà, vicinanza, isolamento, confusione, razionalità, emotività. Una alla volta o tutte insieme.
“Between The Lines” è la collezione di disegni in digitale di Ilaria. Rappresenta il lato nascosto della propria forza apparente, le emozioni non espresse, le fragilità che non possono essere esternate, quello che capita ai caregiver, investiti di nuove responsabilità.
Da questi quadri meravigliosi avete creato degli oggetti, che avete messo in vendita per una buona causa. Che cosa vi ha spinto a questa scelta? A chi sono devoluti i soldi ricavati?
Dopo la morte di nostro padre avevamo bisogno di dare un senso a tutto quello che era capitato, al nostro dolore, e volevamo fare un gesto in sua memoria. Una volta che ci siamo fermate a riflettere abbiamo deciso che i nostri disegni e i dipinti non erano stati creati invano: abbiamo scelto alcuni di loro e li abbiamo trasferiti su degli oggetti (ad esempio taccuini, cartoline, tazze, shopper, ecc) che vengono venduti tramite la piattaforma online Redbubble per raccogliere fondi da destinare all’Associazione Alzheimer Piemonte.
Sul vostro sito parlate anche di una canzone. Di cosa si tratta?
È la canzone donata al nostro progetto dal cantautore torinese Daniele Celona, che conosceva nostro padre. L’ha creata ad agosto 2019 e per noi è stata un regalo enorme. È un brano intitolato anch’esso “Le cose che non sai” e racconta la malattia in maniera delicata e struggente. Uscirà tra qualche tempo e anch’essa verrà venduta ad un prezzo simbolico. I proventi verranno anche in questo caso destinati all’associazione.
Ultima domanda: il vostro messaggio a chi si trova ad affrontare una malattia come l’Alzheimer?
Il nostro messaggio per le famiglie che affrontano la demenza è di vivere il momento sapendo che possono essere attimi fragili e irripetibili, di valorizzare il buono nel nuovo rapporto che si instaura col proprio affetto e di essere clementi con sè stessi. Ci sono e ci saranno tanti momenti di sconforto e di impotenza, e non bisogna sentirsi in colpa per non essere all’altezza. E di essere forti. Perché purtroppo non è facile.
Io voglio ringraziare ancora una volta Ilaria e Alessia per aver condiviso con noi la loro storia. Sicuramente non è stato facile e non è facile tuttora. Il loro progetto, lo ripeto, è un progetto prezioso.
Come professionista sono grata di averlo scoperto e fiera di averne parlato in questa sede. Spero che chiunque si trovi a dover affrontare una malattia come la demenza si sia sentito compreso, meno solo, e abbia trovato dei nuovi spunti di riflessione per prendersi cura della persona cara.