Dal film “Ella e John”
Nell’ultimo articolo ho definito l’invecchiamento fisiologico come il progressivo e naturale declino di talune funzioni cognitive, sensoriali e motorie che inizia a partire dai 30 anni circa. In questo articolo, invece, inizierò a parlare di invecchiamento patologico e demenze.
Quando in medicina e psicologia si parla di invecchiamento patologico, si parla dei cosiddetti “Disturbi Neurocognitivi”, che possono essere lievi o maggiori. In generale, si tratta di sindromi, ossia di insiemi di sintomi, caratterizzate da: declino cognitivo, disturbi comportamentali e compromissione funzionale.
I disturbi neurocognitivi lievi, anche chiamati MCI (Mild Cognitive Impairment), sono stati in passato definiti da Petersen come una fase transitoria tra normalità e Malattia di Alzheimer. Tuttavia, attualmente si sa che non sempre evolvono in demenza, ma soprattutto non sempre il sintomo principale è un deficit di memoria (caratteristico dell’Alzheimer). L’MCI è quindi un disturbo caratterizzato da un evidente cambiamento del funzionamento cognitivo della persona, che coinvolge una o più funzioni cognitive, ma che tuttavia non inficia sull’autonomia nello svolgimento delle attività quotidiane.
I disturbi neurocognitivi maggiori, le cosiddette demenze, sono invece malattie neurodegenerative: essi, infatti, provocano la progressiva degenerazione e/o morte delle cellule nervose. La caratteristica principale delle demenze è il significativo declino del funzionamento cognitivo, che interferisce con lo svolgimento delle attività della vita quotidiana.
La forma di demenza più conosciuta, nonché più comune, è quella dovuta alla Malattia di Alzheimer: essa riguarda circa il 75% delle persone affette da demenza. Generalmente, l’esordio avviene in età avanzata (over 65) con deficit di memoria, che si manifestano con difficoltà nel recupero di informazioni (es. difficoltà nel trovare le parole, o difficoltà nel ricordare eventi recenti), associati a disorientamento spaziale e temporale. Successivamente, con il progredire della malattia, si assiste a una grave perdita della memoria e delle capacità di riconoscimento di volti o luoghi, oltre a cambiamenti repentini del comportamento o dell’umore.
Tuttavia, la demenza dovuta a Malattia di Alzheimer non è l’unica. Ve ne sono infatti tante diverse tipologie, dovute a cause differenti, con sintomi differenti. Alcuni esempi sono: la demenza fronto-temporale, la demenza a corpi di Lewy, o la demenza vascolare.
Per introdurre l’argomento delle demenze, mi piacerebbe parlarti del film “Ella e John” di Paolo Virzì (lo puoi trovare su Netflix). Mi piacerebbe soffermarmi su tre tematiche che emergono dal film: il deterioramento cognitivo, la figura del caregiver (la persona che letteralmente “si prende cura” della persona affetta da demenza) e infine il tema del viaggio.
Il film “Ella e John” è una bellissima commedia che racconta l’ultimo viaggio di due anziani, insieme da cinquant’anni: John è affetto da demenza, Ella ha un cancro allo stadio terminale. Fin da subito lo spettatore riesce a entrare in empatia con questa coppia, comprende le difficoltà di John che non riesce a ricordare i nomi dei figli o dei nipotini, si immedesima con Ella, caregiver coraggiosa e amorevole.
Il deterioramento cognitivo di John è importante e progredisce per tutta la durata del film. Ha deficit di memoria a breve termine: inizialmente si tratta di anomie, ossia difficoltà a ricordare i nomi (es. “aprimi la cosa” invece di “la bottiglia”), oppure di difficoltà nel ricordare il luogo in cui si trova, o il perché si trovi in quel luogo. Man mano che la storia va avanti si assiste a un peggioramento della sintomatologia: insorgono difficoltà di orientamento spazio-temporale, confusione, disturbi comportamentali e disinibizione, oltre a difficoltà nel riconoscimento facciale. Un’altra caratteristica di John, nonché della sua malattia, che emerge dal film, è una difficoltà nelle capacità di linguaggio: spesso è Ella che parla e si interfaccia con altre persone, mentre il marito è di poche parole e questo lo porta a isolarsi. Inoltre, vi è una graduale perdita dell’autonomia nello svolgimento delle attività strumentali della vita quotidiana e nella cura di sè (es. incontinenza). Infine, un aspetto importante della demenza, che emerge nel film riguarda la consapevolezza delle proprie difficoltà e della malattia: dal punto di vista psicologico ed emotivo, infatti, possiamo notare come inizialmente John sia consapevole e provi frustrazione e dispiacere nei confronti delle proprie difficoltà; tuttavia, man mano che la malattia progredisce, diminuisce la consapevolezza e, di conseguenza, anche l’attenzione al proprio comportamento, o alle parole utilizzate nei confronti della moglie.
Il secondo aspetto che vorrei sottolineare riguarda la figura di Ella, caregiver di John. Nel film emerge in modo preponderante il conflitto interno che si genera nei caregiver di persone con demenza: da un lato l’amore che provano per il coniuge/genitore, dall’altro la frustrazione e il senso di impotenza nei confronti di una malattia che non possono controllare. Ella ama John, è amorevole nei suoi confronti, si prende cura di lui. Ogni sera riguardano insieme delle fotografie della loro giovinezza e dei momenti più belli trascorsi insieme, provano a ricordare nomi, luoghi, eventi, si emozionano. Eppure, più volte Ella si deve scontrare con le difficoltà cognitive e i cambiamenti repentini nel comportamento del marito. A un certo punto, si rivolge addirittura alla malattia dicendole: “Rivoglio il mio John, tu me l’hai rubato”.
Se tu che stai leggendo sei o sei stato un caregiver, lascia che ti dica una cosa: è assolutamente normale che tu ti senta, o ti sia sentito così. Nessuno è preparato per affrontare una malattia come la demenza. E nessuno riceverà mai un libretto di istruzioni. Perché ogni caso è unico. Che tu sia marito, moglie, figlio/a, fratello, sorella di una persona con demenza, hai il diritto di sentirti impotente, frustrato, arrabbiato, triste. E non devi sentirti in colpa.
Terza e ultima tematica del film “Ella e John” è quella del viaggio.
I protagonisti decidono di intraprendere un viaggio. Ma quale può essere l’impatto di un viaggio sul quadro cognitivo-comportamentale di una persona affetta da demenza? Innanzitutto, bisogna pensare al viaggio come a un cambiamento (es. cambiano i luoghi, cambiano le persone, cambiano le abitudini). E un cambiamento, anche se positivo come può esserlo un viaggio, può essere considerato un evento stressante, che potrebbe avere un impatto negativo sui sintomi di una persona con demenza. Tuttavia, un viaggio ha anche numerosi aspetti positivi e, soprattutto in caso di MCI o nelle fasi iniziali di una demenza, può essere un bell’allenamento per le funzioni cognitive, oltre a una bellissima esperienza da fare insieme.
Quindi, tenendo presenti le considerazioni fatte in precedenza (es. difficoltà di memoria, difficoltà di orientamento spaziale, ecc), se si vuole intraprendere un viaggio come Ella e John, alcuni consigli utili da tenere a mente potrebbero essere: scegliere una meta vicina e facile da raggiungere con i propri mezzi, o ancora meglio una meta conosciuta; cercare di essere abitudinari e creare una sorta di “routine di viaggio”; evitare luoghi troppo affollati che potrebbero creare confusione; accogliere le difficoltà che potrebbero presentarsi.
Trovo che la malattia stessa può essere vista come un viaggio. È vero, la malattia porterà la persona che ami a perdere alcune capacità, ad essere sempre meno autonoma, talvolta a non riconoscerti. Tuttavia, continua ad essere una persona, che può essere bello continuare a scoprire. È possibile continuare a fare cose insieme, a condividere momenti, anche se più brevi e destinati a essere dimenticati, è possibile trovare nuove modalità per comunicare. A tal proposito mi viene in mente il meraviglioso progetto “Le cose che non sai” di Ilaria e Alessia Messuti: nel loro percorso di convivenza alla malattia di Alzheimer del padre, hanno trovato nell’arte un linguaggio comune per esternare le loro emozioni e il loro dolore.
Se sei o sei stato il caregiver di una persona con demenza, ti voglio dire un’altra cosa. Ricordati che non sei solo, anche se può sembrare così. Ci sono tantissimi professionisti pronti ad aiutarti e a consigliarti, oppure pronti ad appoggiarti e a prendersi cura di te, se senti di averne bisogno. Inoltre, esistono tantissimi servizi, associazioni o centri ai quali puoi rivolgerti per avere informazioni, o per cercare un confronto.
Se hai bisogno di informazioni, contattami.
Bibliografia: DSM-V